Ben presto ci
accorgemmo (o meglio, fu Toro Scatenato a dichiararlo, sostenendo che
glielo aveva detto un uccellino) di essere pedinati sia da un nutrito
gruppo di sudisti – almeno una dozzina -, guidati da un indiano,
sia da alcuni di quegli infedeli neri come il peccato, i quali si
tenevano nascosti nella boscaglia. Non appena arrivammo in una zona
montuosa, anche considerato il fatto che il nostro vantaggio si
assottigliava, ci disponemmo ad un'imboscata. Simulammo di esserci
accampati, lasciando i manichini e il ferito Doc attorno al fuoco,
mentre noi ci nascondemmo nella boscaglia in modo da tenere sotto
tiro la pista. Disgraziatamente, non appena l'indiano alla guida dei
sudisti vide l'accampamento, il gruppo si fece più guardingo, e il
comandante Lomax, che conduceva il drappello, lo divise addirittura
in tre: cinque salirono verso il luogo dove io mi ero appostato,
sotto la scorta del gigantesco indiano; tre proseguirono lungo la
pista; altri cinque procedettero fra la boscaglia più lontana da
noi. Giunti quasi all'accampamento, l'indiano si avvide dell'inganno,
fece appena in tempo a urlare che si trattava di una trappola prima
di essere falciato dalla precisa pistolettata del pur ferito Doc,
mentre le fucilate di Bret sistemavano gli altri due. Nel contempo,
io feci risuonare alta la Voce dell'Agnello di Dio, ossia della mia
Gatling, riuscendo subito a redimere con la morte tre dei peccatori
che ci stavano inseguendo, mentre gli altri due si rifugiarono sotto
un masso. La situazione sarebbe stata tranquilla, se improvvisamente
non fossi stato colpito alla mano da una stella di ferro, piccola ma
dolorosissima, scagliata da uno di quei diavoli neri mascherati,
spuntati dal folto degli alberi. Per fortuna, Toro Scatenato si
lanciò come un ossesso sugli infedeli, uccidendone uno sul colpo e
ingaggiando un duello all'arma bianca con il secondo, che lo avrebbe
tenuto impegnato ancora per un po', ma che poi avrebbe vinto.
Intanto, il mio Agnello ebbe modo di redimere un altro peccatore.
lunedì 29 dicembre 2014
mercoledì 24 dicembre 2014
Le vie del signore sono finite, sopratutto a Natale.
Avevamo appena accolto, con lo spirito
cristiano che sempre guida ed illumina la nostra strada più luminoso
del più luminoso lampione nella nera notte, il povero sventurato
scienziato John, che si era rivolto piangente a noi, rappresentanti
della Chiesa (eccetera), quando ogni speranza di salvezza terrena gli
appariva vana: un gruppo di malvagi, vestiti da sudisti, aveva appena
menato strage degli uomini governativi ai quali lo avevamo da poco
affidato, e ora era terrorizzato da costoro come dagli infedeli
orientali che avevano barbaramente trucidato il suo amico e collega.
Avevamo appena accolto questa pecorella, dicevo, quando udimmo un
concitato bussare alla porta: era una peccatrice.
Più precisamente, si trattava di
Virginia, la prosperosa signora che aveva facilmente indotto in
tentazione il nostro non riluttante ex US Marshal, che si era
concesso al peccaminoso abbraccio senza remore e senza sospettare che
la diabolica mente femminile, istruita dal demonio, stava in realtà
sfruttando la sua lascivia per perseguire i suoi scopi. La donna,
infatti, si rivelò subito come agente dell'agenzia paragovernativa
Magister 12, portando a riprova un documento firmato in autentico dal
fu Presidente Lincoln. Ci disse che tale agenzia perseguiva obiettivi
simili ai nostri, in quanto anch'essa lottava per evitare che i
progetti delle devastanti armi elaborate da una rete di scienziati
finissero nelle mani sbagliate – anche se era legittimo dubitare
che le loro non fossero mani
sbagliate, dato che si trattava di un'accolita di senza Dio, guidata
da un pugno di individui privi della fede in Nostro Signore perché
abbagliati dell'idolo della scienza; uomini del calibro di Tesla ed
Edison, che vorrebbero sostituire la luce della fede con quella di
una lampadina elettrica.
Nonostante avessi
protestato i miei dubbi, tutti gli altri, indotti dal duplice peccato
di lussuria e avarizia, accettarono di allearsi con questi misteriosi
Magister 12, ed io decisi di adeguarmi, ben sapendo che è dovere del
buon uomo di Chiesa andare là ove si annida il peccato: forse Nostro
Signore Gesù non ci ammoniva che non sono i malati, e non i sani, ad
avere bisogno dei medici? Il primo ordine della procace agente fu
quella di dividerci: coloro che erano a suo avviso necessari alla
causa, ossia il Marshal, l'ateo Lombroso e lo scienziato che avevamo
raccolto, sarebbero stati spostati in gran segreto in una specie di
villa nel Nevada, nella quale già si trovavano i sedicenti Magister
12; noi, umili servi nella vigna del Signore, avremmo invece dovuto
raggiungere il luogo a cavallo, attirando dietro di noi eventuali
sudisti fuori tempo massimo o infedeli del Sol Levante, e
possibilmente menarne strage lontano da ogni centro abitato. Per
rendere credibile l'inganno, partimmo con il favore delle tenebre
portando in sella alcuni manichini abbigliati come i nostri compagni
che viaggiavano comodamente e segretamente in carrozza.
domenica 21 dicembre 2014
"Adoro i piani ben riusciti"
Arriviamo
preparati davanti il Green Star a poche ore dall’incontro, ma una
volta dentro il piano capitola immediatamente, non sono intenzionati
a far salire me e Mc Clintoc scortati, così Carter decide di tornare
indietro e prendere tempo, purtroppo al nostro ritorno in hotel, quel
che troviamo ha dell’incredibile, Toro gravemente ferito, Watson
morto e aggiungiamo che Doc non ha ancora fatto ritorno. L’indiano
ci racconta di essere stato attaccato da strani uomini in tute rosse,
agili e competenti nell’uso delle armi da taglio, la morte dello
scienziato lo ha colpito nell’onore. Riusciamo a riprenderci
velocemente da tutti gli eventi per via della rabbia dovuta
all’attacco, cosa c’entrano gli asiatici? C’è Turbol dietro i
sabotaggi? E’ venuto il momento di tornare all’hotel e giocare a
carte scoperte. Il Green Star è nel panico, gli ospiti fuggono e gli
inservienti sono nell’agitazione, è accaduto qualcosa nella stanza
ventitré, ma prima di poterci informare sull’accaduto, si
ripresentano gli uomini della Pinkerton, sostenendo di essere in
supporto al governo e di essere qui per prendere in consegna gli
scienziati, purtroppo ora che Carter è ricercato non possiamo
calcare la mano, anzi scopriamo che anche Brett nasconde qualcosa
dato che anch’egli e tra i ricercati dal governo, così io e Mc
Clintoc siamo portati dallo sceriffo. Calo così la maschera e
sostenendo di essere in missione per conto di mio zio, riesco uscirne
per riunirmi ai miei compagni, purtroppo lasciando lo scienziato
nelle loro mani. Siamo ancora una volta in hotel, dove ritrovo Doc
gravemente ferito, probamente dagli asiatici; ci troviamo così
totalmente sconfitti dagli eventi. Il silenzio viene interrotto
dall’improvvisa comparsa di Mc Clintoc alla nostra porta, egli
sostiene di essere miracolosamente scampato ad un attacco degli
uomini in rosso dove hanno perso la vita gli uomini della Pinkerton,
e di essere ancora una vittima in quanto possiede alcuni schemi di
armi che non sono ancora in mani sbagliate. Ma come evitare che la
situazione peggiori? L’idea questa volta arriva da un piccolo
indizio, un giornale in stanza col titolo “ambasciatore giapponese
in visita San Francisco”, il destino? Una coincidenza? Lo spunto
per la vendetta? Forse, fatto sta che arrivati a San Francisco
potremmo mettere sotto la vista di tutti gli schemi dei lavori di
Watson e Mc Clintoc, per proteggerli, magari pubblicare la notizia.
Un nome spunta sulle labbra di alcuni di noi: “Mark Twain”.
lunedì 8 dicembre 2014
Camuffarsi...
Qualche
ora dopo Carter ritorna con poche informazioni nuove se non che
nessun minatore sospetto e stato visto nei pressi del telegrafo, e
ciò ancora una volta illumina la mia mente, rimembro infatti che, è
fortemente plausibile che il nostro minatore fosse non solo
camuffato, ma nemmeno americano, anzi di origine asiatica. Dopo le
ultime rivelazioni l’idea migliore è di riposare le poche ore che
ci separano dal mattino e dalla ripartenza, per potere analizzare
quanto accaduto a mente lucida.
Fallon
City, Luglio, 26, 1880. Svegli e relativamente riposati, arriviamo in
stazione di buon mattino con gli occhi aperti per possibili sospetti,
in special modo asiatici. Saltano però subito alla nostra
attenzione, degli inviati della Pinkerton, una sottospecie di
associazione privata al soldo del governo per missioni “sporche”,
c’entrano anche loro in questa storia? Non troviamo risposta a
questa domanda e nemmeno traccia di asiatici, così non ci rimane
altro che partire alla volta di Austin, in un viaggio decisamente più
tranquilla della volta precedente. Arrivati in città ci affrettiamo
a trovare un riparo provvisorio, in un hotel distante dal Green Star,
per studiare un piano d’azione. Siamo per una volta tutti d’accordo
che la situazione è compromessa, è scontato infatti che i
sabotatori, chiunque essi siano, sono già pronti a tenderci una
trappola, consideriamo quindi un primo sopralluogo all’hotel, a cui
parteciperò in prima persona insieme a Carter, Brett e l’inutile
reverendo, mentre Toro e Doc proteggeranno gli scienziati. Il Green
Star è un hotel di lusso, ma si mostra subito come un luogo adatto a
trappole dato il gran numero di ospiti e le molte entrate e uscite.
Otteniamo poche informazioni ma fondamentali, gli emissari del
governo infatti hanno riservato un intero piano per l’incontro con
gli scienziati, e i locali sono interdetti a chiunque. Tornati alla
stanza con le novità, i pareri su come agire sono contrastanti, così
mostro nuovamente di saper essere pedina fondamentale del gruppo con
un idea: camuffarmi da Watson per infiltrarmi all’interno
dell’hotel e poter aver maggior controllo sulla situazione. I miei
compagni non conviti accettano perché in fondo è l’unica idea che
abbiamo, così Carter, Brett, Johnson ed io andremo in Hotel, Doc
sarà fuori di supporto e Toro continuerà a tenere d’occhio Watson
di cui ho magistralmente preso le sembianze.
domenica 30 novembre 2014
Dettagli
Dopo
le forzate presentazioni, il soldato si presenta col nome di Lowell e
quasi sbeffeggiandoci, ci comunica che ha l’ordine di portarci dal
suo capitano in quanto hanno giustappunto una comunicazione per
Carter. A differenza del suo tenente, il capitano Johnson è più
rispettoso, ma non di meno porta cattive notizie. Il comandante del
plotone porta infatti l’ordine di comunicare a Carter la revoca del
suo stato di Marshall, nonché una sequela di false a suo carico,
addirittura il mio presunto rapimento. Johnson per rispetto
all’anzianità di servizio di Carter chiuderà un occhio sul nostro
incontro, ma ci invita ad allontanarci senza ulteriori spiegazioni.
Prima di risalire sul treno, i due scienziati decidono di metterci al
corrente di alcuni dei loro sospetti sui loro inseguitori, che
potrebbero essere dietro l’attacco al treno. Essi ci confidano di
lavorare per il governo e riconoscono un uso distorto delle
tecnologie su nuove forme d’energia a cui loro stanno lavorando.
Sorvolando sulla mia curiosità sul loro lavoro, diventa necessario
una fermata col treno alla vicina Fallon, per permettere a Mc Clintoc
e Watson, di contattare il loro referente al governo e per me e
Carter ricercare risposte ai piani alti dell’amministrazione per
fare luce sulla sua revoca. Arrivati a Fallon la situazione è tesa,
ci dividiamo subito per gestire il contatto e la ricerca di un luogo
per la notte. L’ormai ex capitano ed io, scortiamo gli scienziati
al telegrafo per poter anche noi cercar di domandare ai nostri
contatti cosa accade ai piani alti. Dopo che tutti abbiamo spedito i
nostri telegrammi ecco arrivare stranamente in maniera celere le
prime risposte. Mc Clintoc e Watson ricevono risposta in pochi
minuti, comunicazione che fissa l’appuntamento alla stanza ventitré
del Green Star Hotel di Austin; dopo circa un’oretta, arriva la
comunicazione dello zio che, in maniera lapidaria altro non presenta
se non:” Ho le mani legate”, che starà accadendo al governo? La
situazione è strana infatti a Carter non arrivano risposte di sorta.
Ci ritroviamo così in albergo con gli altri per fare il punto della
situazione ancora una volta, ed è proprio in quel momento che Watson
scopre di aver perso i dettagli dell’incontro, tale imprevisto fa
scattare in me un flash del momento in cui plausibilmente i dettagli
sono stati, sottratti e non smarriti. Infatti ricordiamo che lo
scienziato è stato quasi spintonato da un uomo vestito da minatore
all’uscita del telegrafo. Facendo mente locale è probabile che sia
stato proprio lui l’autore del furto, non faccio in tempo a
concludere le mie analisi, che Carter esce furioso alla ricerca del
colpevole.
sabato 22 novembre 2014
Quel treno per...
Ruper
City, Luglio, 25, 1880. La notte scorre abbastanza tranquilla,
riusciamo così a svegliarci di buon’ora per dirigerci alla
stazione. Durante il tragitto siamo accompagnati dal corteo funebre
delle vittime della sparatoria, la situazione in città è surreale e
andarcene via il più velocemente possibile, sembra sicuramente la
soluzione migliore. Ecco così che troviamo il treno ad attenderci,
un sei vagoni, saldo e robusto, pronto al viaggio. Ci accomodiamo per
quello che dovrebbe essere un viaggio tranquillo verso Austin,
infatti i miei compagni decidono di rilassarsi ognuno a modo loro:
Doc continua a dormire; Toro sostiene che sia più pratico meditare
sopra il treno; Brett si avvicina alla compagnia di un signora sul
treno; mentre Carter, stranamente, decide di accettare le attenzioni
di una, sicuramente altolocata, donna che si era presentata insieme
alla compagna di Brett; il tutto mentre io decido di accomodarmi
nella zona più tranquilla del vagone per cercare di scrivere e
riflettere sugli ultimi avvenimenti ma, sfortunatamente il dannato
prete, ha deciso di impedirmi qualsivoglia forma di studio, intonando
stupidi canti ad alta voce. Fortunatamente per me il treno ha una
brusca frenata e dall’aria Truce di Toro che si ripresenta nel
treno capiamo che fuori è successo qualcosa. Lo spettacolo che si
presenta a poca distanza è particolare: un altro treno che ci
precedeva sul binario, è fermo, uno dei vagoni distrutto con un
enorme cratere fumante, tutt’intorno soldati e quindi guai. Mentre
cerchiamo di osservare quanto accaduto, si avvicina a noi uno dei
tenenti del plotone, che con fare poco garbato quasi sembra voglia
cacciarci.
domenica 16 novembre 2014
Quando un uomo con la pistola o il fucile, incontra un uomo col la gatling, l'uomo con la pistola o il fucile è un uomo morto!!!
Quanto
segue mi è stato riferito in quanto non sono stato presente e la
situazione comunque non è tra le più chiare. Durante la discussione
per le armi, inaspettatamente si presentano al saloon dei soldati che
si identificano come uomini del maggiore Cartridge, vice di Turbol,
domandando spiegazioni per i soldati uccisi davanti lo stabilimento
del carbone. La discussione degenera in pochi minuti, e finisce in
altrettanto pochi minuti, quando il reverendo Jackson decide di
mostrare che forse non è uno sciocco, mostrando che la sua pesante
croce altro non è che una gatling gun ben armata. La conta dello
scambio di opinioni fra il nostro gruppo e il piccolo drappello di
sudisti è di otto morti e un isolato distrutto dall’arma di
Jackson, al suo arrivo lo sceriffo è incredulo.
Alla
fine entriamo nel saloon per rilassarci dopo lo spiacevole equivoco,
siamo così avvicinati da due distinti gentiluomini, che si
presentano come Watson e Mc Clintoc, due scienziati in cerca di una
scorta. I due studiosi ci raccontano di essere in viaggio e di temere
per le loro vite, ma dopo la prova di forza al di fuori del locale,
sono intenzionati a comprare i nostri servigi per protezione fino ad
Austin. Il capitano sicuramente toccato più dalla loro storia che
dal premio in denaro decide di accettare, senza troppe domande,
subito dopo aver incassato l’anticipo per il viaggio.
mercoledì 12 novembre 2014
Il passato che ritorna
A
svelare l’identità dell’uomo ben vestito sono proprio,
riconoscendolo come uno dei professori del circolo universitario
americano, famoso per i suoi studi a stretto contatto con l’esercito.
Mentre mille domande vengono ad aggiungersi alla più scontata sul
perché si trovino qui e in questo stato, a distrarci intervengono
dei colpi di pistola da dietro una collina. Dato che i sudisti di
Turbol potrebbero trovarsi nelle vicinanze e magari attaccarci
decidiamo con cautela di investigare su quanto sta accadendo e
infatti troviamo sudisti sì, ma intenti di un altro scontro a fuoco.
La miglior mossa che viene in mente al gruppo è di fermare lo
scontro per capire cosa accade, sono presenti tre soldati sudisti con
un cadavere su un cavallo e altri tre, forse operai, ribattere al
fuoco dalle vicinanze di un impianto per il trattamento del carbone.
Doc finalmente si sveglia e il suo aiuto è fondamentale per
risolvere la questione azzittendo per sempre in pochi colpi i sudisti
e così ancora una volta posso mostrare le mie abilità interrogando
gli italiani. Ci raccontano non senza qualche difficoltà che i
soldati sono comparsi accusandoli senza alcun motivo apparente di
aver assassinato il loro amico e che non era la prima volta che
accadeva una cosa simile. La situazione si fa sempre meno chiara,
decidiamo così di avviarci alla vicina Ruper City per riposo e fare
il punto della situazione, unico appunto Brett ci fa presente che non
ha intenzione di farsi vedere troppo dallo sceriffo, immagino subito
abbia problemi con la legge, ma se Carter si fida di lui è
sottinteso che dovremmo farlo anche noi. Ruper City è una città di
non grosse dimensioni ma molto vitale, è la nostra prima tappa è
come al solito il saloon per sistemarci per la notte. Ognuno però
entra in città con diverse aspettative, Brett sembra proprio essere
un giocatore d’azzardo intenzionato a far fruttare i suoi dollari,
Doc come sempre intenzionato a bere, Jackson a trovare una
sistemazione per la sua inutile croce mentre gli proprio riposare.
Veniamo però spiazzati alla richiesta di consegna delle armi
all’ingresso del saloon, secondo le direttive dello sceriffo per
evitare problemi all’interno. Brett ed io siamo ansiosi di entrare,
in particolare per la continuazione dei miei studi sociali sulle
personalità femminili locali, così consegniamo le armi e entriamo.
sabato 8 novembre 2014
Le vie del Signore sono... finite
Il Signore, nella sua infinita sapienza, sa di per certo quello che
fa: ne sono profondamente convinto, perfino quando le Sue decisioni
sono imperscrutabili come quando mi ha posto sulla strada dello US
Marshall Carter e della sua eticamente discutibile cricca, composta
da un peccatore, un miscredente razionalista e un pagano.
Stavo vagando, con il mio compare di
viaggio Bret, là dove ci conducevano i cavalli, nella consapevolezza
che non c'è contrada che non abbisogni della Parola del Signore, ed
io sono pronto a portarla, con le buone o con le cattive. In fondo,
anche Carlo Magno massacrò migliaia di Sassoni pagani impenitenti al
pio fine di convertire i superstiti, e ancora dobbiamo rendere grazie
a tale opera meritoria. I miei strumenti non dovranno essere da meno.
In attesa della conversione, del resto, è Bret a occuparsi del
punire i peccatori, spennandoli al gioco d'azzardo.
Incontrammo così, per caso, un
composito gruppo che pareva ben altro da una squadra di tutori della
legge, ma piuttosto una sorta di accolita di vagabondi. Mi sarei
limitato a concedere loro qualche biblico ammaestramento, ma Bret si
lanciò praticamente fra le braccia del meno indecoroso dei
viandanti, dal contegno nobile: erano stati commilitoni durante la
guerra di Secessione. Carter, questo il nome del tale, che una stella
rivelava come US Marshall, lo invitò ad aggregarsi al suo gruppo, ed
io non ebbi nulla da ridire. Mi sembravano tutti molto bisognosi di
una giuda spirituale: il gigantesco indiano Toro Scatenato che
asserisce di comunicare con gli Spiriti, ma nemmeno sembra sapere
della venuta del Messia; il folle Lombroso, che ripone scioccamente
più fiducia nella scienza moderna che nei testi dettati da Dio in
persona alcuni millenni fa; il peccatore Doc, pistolero alcolizzato,
che viaggia su una sorta di branda che lascia trascinare dal suo
cavallo, a simboleggiare come siano gli istinti bestiali, e non la
Fede né il raziocinio, a guidarlo.
Forse Egli vuole mettermi alla prova, o
forse vuole concedermi la possibilità di convertire una siffatta
turba, oppure ancora Egli vuole, pure attraverso il male, operare il
bene, a Sua maggior gloria.
Io, non posso che rimettermi alla Sua
volontà.
domenica 2 novembre 2014
Due non troppo nuove conoscenze
In
direzione della Virginia, Luglio, 24, 1880. Anche un semplice viaggio
da una città all’altra può per noi diventare fonte di inattesi
quanto imprevisti eventi. Mentre cavalcavo vicino i miei fidi
compagni, l’attenzione di noi tutti viene indirizzata verso due
pittoreschi individui che “discutevano” a fianco del sentiero con
una carrettino che non voleva saperne di muoversi. Diventa scontato
avvicinarsi e scoprire se si tratta di semplici viaggiatori o altro,
mentre stavo riflettendo su questa possibilità, noto che Carter e
gli altri stanno già parlando con loro. A presentarli è proprio il
capitano, infatti uno dei due è un suo vecchio commilitone, Brett
Maverick mentre l’altro, ehm… il reverendo Jackson. Il soldato si
presenta subito come una persona seria e ordinata, come si confà al
suo status, mentre il reverendo da subito l’aria di essere con la
testa fra le nuvole come è normale per chi è solito parlare con
amici immaginari. I due ci raccontano che il carretto, che trasporta
la grossa croce del reverendo si è incagliato in una roccia e li ha
rallentati, mentre cercavano di raggiungere la vicina Ruper City.
Forse non tutti completamente d’accordo decidiamo di viaggiare
insieme verso la vicina città, per riposo e provviste, il tutto
mentre Doc dorme dall’ultima città visitata. Durante il tragitto
notiamo che Toro ha uno dei suoi classici colpi di calore, dopo i
quali afferma di vedere cose, in cui devo ammettere, spesso indovina
i fatti, ma questa volta è più turbato del solito. Quasi comparendo
dal nulla da dietro un altura un gigantesco albero oscura la nostra
vista con una visione terribile. Ai rami dell’arbusto infatti sono
stati infatti impiccati cinque uomini, la visione è resa ancor più
raccapricciante quando ci rendiamo conto che probabilmente erano già
morti a causa di molteplici segni di tortura e soprattutto è già
evidente l’amputazione delle mani. Sia io che il reverendo siamo
molto interessati a tirare giù quei pover uomini, io per un analisi
più approfondita e lui per qualche sciocca funzione; Brett e Carter
alla vista, o meglio alla non vista, della mani cominciano a
discutere animatamente fra loro; Toro sembra altrettanto colpito
sostenendo che si tratta proprio della sua visione e parlando di un
fantomatico serpente di metallo; infine Doc continua a dormire
beatamente. Osserviamo i cadaveri si tratta di quattro soldati più
un individuo vestito in maniera elegante, Carter e Brett svelano
parte dell’arcano, sostenendo che probabilmente tutto ciò è opera
del colonnello Turbol, personaggio con cui loro hanno avuto a che
fare durante la guerra, si tratta infatti di un sadico comandante
sudista che aveva proprio la curiosa abitudine di punire in questa
maniera i sottoposti, e ciò spiega i soldati.
domenica 26 ottobre 2014
Finale e perplessità...
Il
castillo, Luglio, 22, 1880. Ci ricongiungiamo con il maggiore Variera
davanti alla fortezza, osservando l’artiglieria che l’esercito ha
portato con se intuisco che la battaglia sarà breve, aggiorniamo il
comandante e lui dopo essersi congratulato con noi, si offre di farci
partecipare attivamente. Ogni speranza di accordo pacifico decade
quando uno degli indios colpisce l’uomo con la bandiera bianca,
questo si rivela una fortuna e Carter ha l’occasione di vendicare
la sua gamba. In pochi minuti la fortezza è caduta e gli uomini di
Tulac cercano di sfollare come meglio possono. Mentre i soldati li
atterrano uno per uno, urlano e scalciano, riuscendo a capire solo
“Tulac è morto, fuggiamo.” Infatti troviamo il loro capo
suicida, nell’immensa sala del trono della fortezza, luogo
imponente e magnifico, che però non presente alcuna traccia di
Mescal, che a quanto pare è fuggito insieme alla gran parte delle
informazioni di quanto accadeva qui. Ci salutiamo così con rispetto
dal maggiore Variera che si è rivelato d’onore e grande alleato.
La strada per l’America scorre in fretta, con una piccola tappa
presso Al Cisbani per ringraziarlo del prezioso aiuto e assicurargli
che potrà dormire sonni tranquilli. Si conclude così anche
quest’avventura piena di violenza e ambizioni, ma so per certo che
la vera missione non è ancora finita, Mescal è sicuramente alleato
di qualche forza maggiore? Dove avrebbe attaccato Tulac? Questi e
altri dubbi affollano i miei pensieri mentre attraversiamo il
confine.
Difesa disperata
Sono
momenti concitati, ma mettere in difficoltà quell’uomo è
relativamente semplice ed egli per non lasciarsi catturare preferisce
morire nel suo stesso enorme calderone. La sfida è vinta, ma questa
volta il prezzo è ancora più alto, il capitano Carter è rimasto
infatti ferito ad un gamba con un dardo, immediatamente grazie alle
mie conoscenze di medicina riesco purtroppo a salvargli solo la vita,
ma non la gamba. La nostra attenzione è richiamata dagli spari in
alto che lasciano poco tempo per preoccuparci delle nostri condizioni
di salute, corriamo verso l’alto e Doc è impegnato in un altro
scontro a fuoco. La battaglia è convulsa provo a essere d’aiuto
più che posso, sia io che l’aquila di Toro, riusciamo a essere
poco utili, e la situazione è dura, finché non riesco a scorgere
che altri uomini che compaiono dietro di noi dalle caverne, che ci
sia un altro ingresso? Dobbiamo scoprirlo. Ancora una volta in
battaglia, viene provato il valore del nostro gruppo, stiamo quasi
per avere la meglio, quando lo scontro si interrompe al suono della
tromba della cavalleria che viene in nostro soccorso, è un
distaccamento del maggiore, che dopo aver messo in fuga i banditi si
offre di scortarci al castillo.
domenica 19 ottobre 2014
Dentro la montagna
La
valle dei giganti, Luglio, 21, 1880.
Poco dopo l’inizio del mio
turno di guarda scorgo tra i fumi, quello che sembra essere un uomo
vestito in maniera appariscente, il quale ci osservava dall’ingresso
di una caverna, ma nonostante uno sguardo più accurato dell’indiano,
archivio il tutto come una visione. E’ ora di analizzare la scena,
dalle ricostruzioni, anche qui il movimento di carri, cavalli e casse
lascia presupporre che c’è stato il ritiro del veleno, che sembra
proprio arrivare dalla caverna che avevo notato in nottata. E’ ora
quindi di fare il punto della situazione, i miei compagni convengono
che sarebbe il caso di abbandonare la zona, in quanto troppo
pericoloso avvicinarsi, ma questo per me si rivela invece il momento
per dimostrarmi fondamentale, posso infatti sgattaiolare senza
problemi verso il fondo della valle, essendo il più minuto del
gruppo. Carter inizialmente boccia la mia idea di intrufolarmi, ma
notando quanto io creda nel risultato della missione, riformuliamo
subito un piano d’azione. Il capitano da una piccola altura,
provvederà a coprirci, mentre io farò strada a Toro e Doc
attraverso i fumi, fino ad avvicinarci alla caverna, per poter
svelare il mistero dell’uomo incappucciato. Purtroppo è la mia
sicurezza a tradirmi, in poco tempo perdo l’orientamento per essere
ancora una volta aiutato da Toro a ritrovare l’ingresso; dovrò
davvero ricordarmi di esaminare le sue differenze razziali, egli è
davvero una sorpresa fra la sua razza. In pochi minuti Carter ci
raggiunge, Doc si offre per controllare l’ingresso e noi tre
rimanenti ci apprestiamo a discendere nella caverna, l’odore è
nauseabondo e la vita pessima, ma non è abbastanza a fermarci. Con
tutta l’attenzione del caso ci addentriamo nella caverna fino
all’anfratto principale, ciò che vediamo è sconvolgente. L’uomo
incappucciato esiste ed è impegnato a rimescolare in grosso
calderone, parti di piccoli cristalli, senza alcun dubbio il veleno
mummificante. Quell’animale va fermato, comincia così senza tanti
complimenti una furiosa battaglia, il nostro avversario infatti
accortosi di noi, attiva una sorta di trappola che ci scaglia addosso
un gruppo di pipistrelli per impedire la vista e la mira, mentre egli
attacca col veleno.
martedì 14 ottobre 2014
La valle dei giganti
Nei
pressi della valle dei giganti, Luglio, 20, 1880. Il risveglio ci
coglie di sorpresa con un’inaspettata cavalleria al galoppo, la
prudenza è sempre stata nostra amica, quindi cerchiamo di stabilire
un veloce piano di azione, ma nel mentre notiamo che i cavalli sono
vicini proprio alla nostra abitazione e che è troppo tardi per
gestire un piano in quanto una voce ci intima di uscire. Varchiamo la
soglia con le mani ben in alto e tiriamo un sospiro di sollievo
quando notiamo che si tratta dell’esercito messicano, quindi,
teoricamente, nostri alleati. Il maggiore Variera si presenta con
tono formale ma amichevole, e scopriamo che la fama di Carter arriva
anche qui, possiamo quindi sederci intorno al fuoco per analizzare la
questione. Il maggiore e il tenente Mendez ci ragguagliano sullo
stato della situazione, e soprattutto sul fatto che non è Tulac,
l’unico problema, ma anche il messicano Mescal, e principalmente la
loro alleanza in questo particolare affare dei fucili. Tulac e suoi
alleati sono barricati al Castillo, una piccola fortezza a ovest di
qui, non troppo distante dalla valle dei giganti. Carter e Variera
convengono che il miglior piano d’azione altri non può essere che:
il nostro piccolo gruppo, perpetrerà un indagine nella valle per poi
riunirsi all’esercito, dopo due giorni, al Castillo per l’assalto
finale ai banditi. Ci salutiamo con tutti i convenevoli del caso e
partiamo diretti verso la zona paludosa che precede la valle, ma
l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, ci imbattiamo infatti,
non visti, in tre banditi che stavano perquisendo quello che sembrava
essere un cadavere. Per i miei fidi compagni è facile avere la
meglio dei tre banditi, due a terra è uno è subito preda del nostro
gigantesco indiano. Emiliano, il bandito, parla, senza troppo sforzo,
il cadavere è di un servo fuggito dalla fortezza, era stato
inseguito per evitare trapelassero informazioni, ma a quanto pare il
problema non è stato arginato. Il nostro prigioniero aggiunge che
nella valle hanno stabilito un piccolo insediamento per il
rifornimento di veleno. Consci che la nostra missione diventa sempre
più chiara ci avventuriamo nel terreno paludoso, non prima di avere
augurato un buon viaggio a Emiliano nel deserto. La palude è davvero
inospitale e ogni movimento è faticoso, siamo talmente concentrati
ad avanzare che non ci accorgiamo dell’ennesimo attacco degli
indios, la lotta è serrata, ma anche qui riusciamo a sopravvivere,
pagando il però il prezzo della morte di due dei nostri cavalli.
Giungiamo quindi nella valle, essa è recintata da immense
costruzioni di pietra, che nonostante tutto non posso non apprezzare,
la valle è pregna di fumi e gas emanati dal terreno che rendono
pessima la visuale e la nascondo ad occhi indiscreti e per chi non sa
dove passare. E’ infatti difficile anche accorgersi che è
sopraggiunta la notte, ma decidiamo lo stesso, con serrati turni di
guardia, di riposare.
sabato 11 ottobre 2014
Verso la valle dei giganti
Arizona
City, Luglio, 19, 1880. Ecco che ripartiamo, diversi giorni ci
separano dalla valle dei giganti, ma purtroppo o per fortuna,
intratteniamo il tempo con un’interessante discussione su quanto
siano mentalmente arretrati questi messicani a credere ad assurde
magie di chissà quale dio. Il buon Toro Scatenato, pur diverso dalla
gran maggioranza della sua gente, discende comunque da un branco di
selvaggi, ma decido di non far virare la discussione in quel punto,
per non ferire il suo indiscusso valore in battaglia. L’innalzamento
della media qualitativa del nostro discorrere, viene interrotta
dall’improvvisa comparsa di una mandria di bestiame, insieme ai
loro vacheros. Carter decide di avvicinarsi ai due messicani, dato
che la loro presenza qui è quantomeno inusuale. I due vacheros
salutano con grande umiltà e mi rendo subito conto delle loro
intenzioni, stanno fuggendo, da dove noi siamo diretti. Ci raccontano
senza problemi, di una vallata dove si viene colpiti a vista, di
scorribande in tutti i villaggi o accampamenti qui vicino e di carri
scortati a ogni ora del giorno; Tulac sta decisamente preparando
qualcosa di grosso. Con il mio brillante intuito e la mia esperienza
nei teatri europei, intuisco che sarebbe una buona idea mascherarsi
da semplici vacheros, per poterci avvicinare e indagare in zona dando
meno nell’occhio possibile e inaspettatamente i due messicani
accettano anche di venderci dei vecchi poncho per aiutarci
nell’impresa. Verso le diciassette del pomeriggio arriviamo al
vicino villaggio, di cui oramai sono rimaste solo case abbandonate.
Data la situazione disastrata riesco a fare solo una vaga stima di
quanto sia successo, ma Carter e Toro data la loro più ampia
esperienza riescono a trarre un’ipotesi sensata di quanto sia
accaduto in città. Probabilmente Tulac e suoi hanno assaltato la
città per poterla usare come centro di scambio tra casse di fucili e
i contanti, a sostegno di questa ipotesi, tracce di carri, cavalli e
casse ancora discretamente fresche, ci stiamo quindi decisamente
avvicinando alla nostra preda, l’indagine dura alcune ore, così
sopraggiunge la notte, e l’idea migliore è sicuramente accamparci
in una delle case abbandonate, facile anche da controllare.
mercoledì 8 ottobre 2014
Al Cisbani
Entrando
nei pressi della cittadina, risalta una casa separata dalle altre,
che attira subito la nostra attenzione, presenta atti di vandalismo
tutto intorno con ingiurie e scritte sulla facciata, la definiscono
casa di “El Brujo”, chissà che individuo inquietante potrebbe
essere questo Cisbani. Con l’irruenza che lo contraddistingue il
capitano bussa alla porta e con nostra sorprese ad aprire è quello
che ha tutta l’aria di essere una pessima imitazione messicana di
un maggiordomo. L’uomo alla porta si presenta come Eusebio, il
collaboratore di Cisbani e ci invita a entrare. Passo dopo passo con
mia immensa gioia noto che non siamo finiti dentro la casa di qualche
selvaggio, ma in quella di un uomo di scienza, animali imbalsamati e
libri adornano ogni angolo e addirittura un salottino dove ci
accomodiamo. Finalmente dopo aver sofferto tanto la compagnia degli
individui più rozzi mai apparsi sulla terra, la compagnia di Cisbani
è quasi un sollievo, egli riesce al fine di svelare molti arcani
delle contenitore. Ci racconta che la lavorazione del manufatto è da
ricollocarsi al culto di Xuinchel un antica divinità della Sierra
Encanda, attualmente guidati dal misterioso Tulac, un losco figuro.
Inoltre ci svela che i suoi adepti sono noti nella zona e sono molti
ad aderirvi come religione, e aggiunge che sono arrivati persino nel
suo studio per cercare di appropriarsi di alcuni sui reperti,
sostiene tale ipotesi il fatto di aver trovato in casa un cadavere
comparso senza apparente spiegazione. Per tutto il discorso sono
stato attento alle parole del professore, senza però togliere mai
completamente lo sguardo da Eusebio, che sempre mostrato uno sguardo
strano e vago, fino a diventare palesemente sospetto al racconto dei
cadaveri mummificati. Decido di mostrare a tutti la mia intuizione
spostando la mia attenzione su di lui e cercando di inserirlo nel
discorso, Eusebio non ci mette molto per mostrarsi per quello che è:
un adepto di Tulac. Eusebio racconta diversi retroscena che
chiariscono gli ultimi avvenimenti e le ultime ore, ci confessa che
siamo sotto controllo dal culto da quando abbiamo avuto contatti con
Pablito, e soprattutto di lasciar perdere questa indagine se teniamo
alle nostre vite. Eusebio sostiene di volerci aiutare, come ha fatto
con il professore, è stato infatti lui, a chiedere ai ladri che si
erano introdotti nello studio, di risparmiare Al Cisbani, richiesta
che ha portato addirittura alla colluttazione dei due, lasciando
appunto il misterioso cadavere. Il professore ci offre riposo mentre
lui cercherà di chiarirsi con il suo aiutante, stremati decidiamo di
accettare e finalmente dormire un po’.
sabato 4 ottobre 2014
Verso il Messico
Arizona
City, Luglio, 19, 1880. Ritornati in città, forse più arrabbiati
che delusi, veniamo raggiunti, ancora un volta, dallo sceriffo,
questa volta in veste di messaggero, con un telegramma. La
comunicazione appartiene a Jones, egli come ogni uomo di cultura che
si rispetti, mantiene la parola è ci comunica novità interessanti
sul manufatto di Pablito. Jones ci svela che il contenitore
appartiene ad un antica tribù locale, ma soprattutto ci indirizza da
Al Cisbani, un algerino residente a Pilares, oltre il confine, che
diventa immediatamente la nostra prossima meta. Riusciamo a guadare,
questa volta con poca fatica grazie al traghettatore fuori città e
la sua piccola chiatta. Arriviamo in poco tempo a Willox, e prima di
addentraci in città troviamo chiaramente tracce di cavallo e quello
che potrebbe essere sangue, che sia Pablito? Seguiamo le orme di
cavallo, fino a una piccola locanda fuori città, presidiata da due
messicani nella loro tipica “siesta”. Lo scambio tra noi e i
locali è breve, loro sono poco più che animali in fondo, mentre il
nostro di selvaggio, si dimostra molto di più che all’altezza
notando una brandina insanguinata oltre la porta socchiusa. E’
evidente che i due messicani erano in soci del farabutto così
dirigendoci dalla parte opposta da quella da loro indicata, troviamo
proprio Pablito, ormai morente caduto da cavallo dietro una
collinetta, Carter lo aveva evidentemente conciato male. Il messicano
è delirante, riusciamo a distinguere solo poche parole: Tulac e la
valle dei giganti. Poco soddisfatti di quanto accaduto non ci rimane
che proseguire verso Pilares e forse qualche risposta.
martedì 30 settembre 2014
Spari e acqua
Troviamo
infatti Toro e Doc davanti al saloon che stanno aggiornando lo
sceriffo di quanto accaduto e si trovano ben sorpresi di vederci
arrivare. Dal farfugliare di Rhodes lo sceriffo capisce subito che
quello che è accaduto non torna, e capisce dalle imprecazioni di
Carter, che chiudere al sicuro il proprietario dell’emporio può
sicuramen
te non essere una cattiva idea, così lo affida al suo vice
per portarlo in cella. Ci ritroviamo tutti cosi al saloon per
festeggiare un altro caso, che comunque pare risolto, e io non posso
fare a meno di domandarmi come sia possibile che degli imprenditori
come Rhodes e Bradford siano caduti vittime della superstizione,
Pablito, ovunque egli sia è semplicemente un farabutto. Siamo in
tarda serata e sono passate alcune ore ormai quando sentiamo grida
provenire dalla strada. Ci raggiungono il vice e lo sceriffo
raccontandoci che stavano scortando indietro Rhodes perché aveva
mostrato la volontà di raccontare ancora particolari quando sono
stati aggrediti, e Rhodes ha perso la vita come tutti gli altri,
mummificato. Cerchiamo di collegare come gestire quanto successo
quando, i più svelti di occhio notato una figura misteriosa in uno
scorcio poco illuminato della strada, e i più svelti con la pistola
colpiscono. Troviamo subito tracce di sangue, che si allontanano, non
può essere altri che Pablito, parte l’inseguimento. Carter balza
subito davanti, seguito da Toro e Doc. Fatico a tenere il loro passo
è solo poco tempo che mi sono riscoperto uomo d’azione, ogni
occasione durante il tragitto è buona per i miei compagni per
tentare un altro colpo di pistola. La notte è sempre più buia
mentre arriviamo nei pressi del fiume, le ore che seguono sono
riassumibili con poche parole, spari e acqua. Carter tenta
l’inseguimento in acqua, tentiamo di supportarlo alla meglio, ma la
situazione è frenetica, Pablito quasi inumano, tantoché riesce a
guadare il fiume. Il nostro gruppo arrivato dall’altra parte della
riva riesce solo a scorgere un cavallo dietro la collina che si
allontana e constare che ormai è ora di tornare indietro, sconfitti.
domenica 28 settembre 2014
False testimonianze
E’
evidente che diviene necessaria un'altra indagine con i proprietari
dell’emporio, la fortuna ci assiste e incrociamo Bradford uscire
dal saloon. Non appena ci avviciniamo Bradford appare più stizzito,
se possibile, dell’ultima volta, ma Toro e Doc impiegano pochissimi
secondi a prepararlo all’interrogatorio. Il comproprietario
sostiene di non vedere Pablito da giorni e che tutto ciò sia
assolutamente normale, la reticenza del commesso è talmente strana
che persino il capitano mantiene la calma curioso di scoprire cosa
c’è davvero dietro. Ma ecco che Bradford, fa appena un piccolo
cenno per congedarsi, che lo vediamo, prima cadere a terra e dopo
pochi secondi, ecco l’incredibile, il corpo mummificato in pochi
secondi, sono esterrefatto. Anche se l’istinto mi gridava di
cercare riparo, è evidente che è stato un colpo mirato e posso
avvicinarmi al cadavere per notare un piccolo foro sul collo e un
altrettanto piccolo dardo vicino, il caso potrebbe essere risolto. Da
una veloce ricostruzione, la soluzione più plausibile è appunto
un’alleanza fra Bradford e Pablito per derubare Rhodes, per Carter
il caso sarà completamente chiuso dopo aver informato il
proprietario superstite, così io e lui ci dirigiamo all’emporio,
mentre Toro e Doc rimangono al saloon per attendere l’arrivo dello
sceriffo e informarlo dell’accaduto. Arrivati all’emporio
troviamo tutto chiuso, siamo quasi decisi ad abbandonare l’ultimo
saluto a Rhodes, quando sentiamo dei rumori provenire dal
retrobottega, dobbiamo bussare animatamente e più volte, perché il
proprietario compaia alla porta. Rhodes ascolta con attenzione la
storia, e noto subito in lui più paura che rabbia per il tradimento,
così Carter decide di andare a fondo alla questione calcando un po’
la mano, e inaspettatamente il proprietario, scoppia in lacrime al
grido di “non voglio morire.” La situazione diventa così
addirittura tragicomica, Rhodes piange e solo dopo alcuni ceffoni del
capitano, riprende a raccontare, ma questa volta, la verità. Pablito
ha bussato all’emporio qualche settimana fa, presentandosi
inizialmente come un semplice manovale in cerca di lavoro, per
mostrarsi come una specie di “stregone” e ricattare gli stessi
proprietari, infatti, Rhodes, ci comunica che lui e Bradford nel
recupero fucili non avevano la benché minima parte. Trasciniamo
fuori Rhodes e decidiamo di portarlo al saloon con noi, dove ormai
dovrebbe trovarsi lo sceriffo, per affidarlo alle sue cure e
dimenticarci di questa pessima storia, il tutto solo dopo l’ennesimo
ceffone di Carter al piangente prigioniero.
venerdì 26 settembre 2014
Il cadavere mummificato
Oltre
le canoe, la vegetazione nasconde quello che a giudicare dai vestiti
sembra essere l’aiuto macchinista scomparso, ma la cosa inquietante
è che lo troviamo completamente mummificato, quando sappiamo
benissimo che non più di un paio di giorni sono passati dalla sua
presunta morte. Accingendomi a esaminare il corpo noto un foro,
probabilmente provocato da un dardo alla base del collo, un veleno
forse? Dall’avventura con Victor, non mi stupirei se si trattasse
di un composto capace di provocare un una mummificazione dei tessuti.
E a sostenere la mia teoria che espongo a un sempre più irritato
Carter, per via delle stranezze della situazione, trovo vicino al
corpo quello che sembra un piccolo contenitore rotto. Torniamo in
città ormai alle prime ore della sera, ed è così che incrociamo lo
sceriffo durante la sua pattuglia. Alle domande di Cane sui nostri
risultati, mostriamo in risposta il contenitore, e al nostro gesto,
lo sceriffo ci svela che null’altro si tratta del medaglione di
Pablito, il tuttofare di Rhodes. Quasi a voler spezzare la tensione,
si avvicina a noi, un distinto signore, che riconoscono subito essere
qualcuno di acculturato, a differenza della maggior parte di incivili
che stanno popolando le nostre avventure americane; egli si presente
come Arthur Jones, ricercatore anche lui in viaggio e nello specifico
per la Virginia. Carter quasi scocciato per la situazione, al sentire
la parola “ricercatore” decide di provare a chiedere informazioni
al signor Jones, sullo strano contenitore da noi ritrovato. Mentre
osservo Jones, analizzare, riesco a rendermi conto che si tratta di
un uomo in possesso di una grande cultura, ma di un pessimo metodo di
studio, infatti riesce solo a ricordarsi di averlo già visto, ma
nulla più per poi correre verso il treno, solo dopo aver promesso a
Carter che avrebbe scritto dalla Virginia per darci qualche
informazione in più.
domenica 21 settembre 2014
Arizona City
Arizona
City, Luglio, 18, 1880. Arriviamo come al solito a metà mattinata,
Arizona City è piccola formata dall’emporio e dalla ferrovia come
uniche strutture degne di nota ed è vicino al confine, questo mi
porta alla supposizione che dietro tutto potrebbero tranquillamente
esserci l’opera dai messicani, quella sporca feccia che altro non
fa che devastare le terre vicino al confine, se non fosse per le
strane modalità, quindi non ci resta altro che indagare. Come prima
tappa in città la visita allo sceriffo è una scelta obbligata, e
scopriamo con curiosità che anche qui la reputazione di Carter lo
precede. Lo sceriffo Oscar Cane ci accoglie con pochi convenevoli e
ci racconta subito i dettagli che potrebbero fare la differenza nella
nostra indagine: i fucili aumentavano di numero a ogni carico e sono
sempre stati senza scorta, ed ogni furto è stato mirato e senza
vittime, salvo l’ultimo dove l’aiuto macchinista di coda è
sparito completamente e misteriosamente, forse un complice? L’unico
indizio veramente degno di nota è la mappa della zona, che segna i
punti sensibili, tra i quali il Gila River che costeggia un piccolo
tratto del percorso del treno. Ancora confusi dal mistero altra,
tappa obbligata per capirci qualcosa è la stazione, dove troviamo il
capo macchinista Anthony. Uomo rude e di fatica aggiunge ben poco a
quel che già sapevamo confermandoci che dalla capo del treno nulla
ha potuto sentire o vedere salvo alla stazione notare che il carico
veniva ogni volta sistematicamente rubato. Ormai stanchi di non avere
un quadro chiaro ci dirigiamo direttamente alla fonte, all’emporio
Rhodes dove veniamo accolti dal signor Bradford, uomo talmente
anonimo che viene scambiato da Carter da nulla di più che un
commesso, rivelandosi invece il socio dell’emporio. Rhodes conferma
al capitano Carter che la mancanza della scorta per il carico era
dovuta a una ristrettezza di fondi e che non ha nessun sospetto in
particolare, mentre a durante il mio interrogatorio a Bradford, non
emerge nulla di più. Decidiamo quindi di fare un ultima prova
ripercorrendo a ritroso la ferrovia e dopo circa un’ora arriviamo
vicino al fiume. La zona che unisce la ferrovia al Gila River è
quanto mai piena di sorprese, troviamo nascoste tra la vegetazione
alcune canoe non riconducibili a nessuna tribù, ma abbastanza
sospette da indicarci che potrebbero essere state usate per
trasportare il carico, che magari era stato fatto cadere in acqua
durante il tragitto, così mentre la situazione sembra sbloccarsi,
ancora un volta il mio occhio attento è fondamentale.
mercoledì 17 settembre 2014
Partita a Poker
Prima di lasciarci andare, ci
informa del miglior saloon dove riposarci ma ci avverte anche di fare
attenzione a WildCat, un famoso giocatore che è arrivato in città.
Non appena lo sceriffo parla di poker, Doc si allontana pronto alla
ricerca di emozioni e alcool con il cosiddetto professionista del
poker; non posso fare a meno di seguirlo sono curioso di studiare
tale individuo WildCat. Così ci separiamo Carter intima che se non
riesce a levarsi la polvere di dosso avrebbe cominciato a sparare a
chiunque avesse davanti, lui e Toro Scatenato si dirigono così alla
ricerca di un bagno mentre io e Doc siamo impazienti di verificare le
abilità al poker del famoso giocatore. Doc si siede davanti a
WildCat senza dire nulla, con bottiglia di whisky alla mano, e così
ben presto siamo carte alla mano. Si potrebbe pensare che in America
come in Europa il poker sia un gioco di astuzia, di sottigliezze e
studio dell’avversario, ma non ci sarebbe nulla di più sbagliato,
nel “selvaggio west”, parliamo di un gioco di sguardi e di
intimidazione. Doc quasi non guarda le carte, talmente è tanto
concentrato sul nostro avversario, talmente tanto, che per un momento
vedo WildCat quasi spaventato, almeno fin quando tirate giù le
carte, il suo punto è il superiore. Strano questo americano, gioca
in modo violento e quasi arrabbiato, così poco concentrato al gioco
che per me è difficile interpretare le sue emozioni. Secondo giro,
oramai io e gli altri due gentiluomini al tavolo siamo solo gli
spettatori della partita fra WildCat e Doc, la tensione è palpabile,
tutto il saloon è avvolto in un innaturale silenzio, che viene
spezzato solo dalle parole di WildCat “scala”. Dopo i quindici
secondi più lunghi ai quali abbia mai assistito, Doc, senza nemmeno
sorridere, sentenzia la fine della partita con un solo sibilo
“poker”. Sembrerebbe tutto finito, quando il nostro avversario,
non si mostra altro che un bambino capriccioso, accusando il mio
compagno d’avventura di barare, Doc sprezzante lo invita a bere, e
di tutta risposta WildCat riesce solo a provare a estrarre le pistole
prima di scappare fuori dalla porta per i colpi di Doc, la partita è
vinta e la pelle e i soldi sono salvi, anche per oggi. Mentre Doc
comincia a festeggiare nel suo modo preferito e io comincio il mio
studio, prettamente scientifico, per le donne locali, entrano nel
saloon Carter e Toro. Abbiamo solo voglia di rilassarci quando gli
Earp si siedono al nostro tavolo, questo è quello che mi verrà
raccontato al mattino dai miei compagni, mentre ero impegnato negli
studi in camera con la signorina del locale. Ad Arizona city si sono
verificati tre furti di fucili, tutti riconducibili al carico del
signore Rhodes e tutti avvenuti durante il trasporto verso la citta
da San Francisco. Quel che io ricordo della mattina successiva è il
cavallo che mi conduce ad Arizona city.
giovedì 11 settembre 2014
Tombstone
Tombstone, Luglio, 17, 1880. Il
viaggio verso la nostra nuova tappa è stato molto diverso da come lo
avevo immaginato, credevo avremmo cercato di analizzare e capire la
situazione in cui eravamo incappati, invece i miei compagni non hanno
fatto altro che rimuginare ad eccezione dei canti dell’indiano si
può praticamente dire che abbiamo viaggiato nel silenzio più
totale, come se Carter fosse arrabbiato nonostante le scoperte e la
vittoria in miniera, cosa sarà successo? Tombstone è davvero
grande, ancora lontana dalle vere città dell’Europa ma non posso
non apprezzarne la vivacità e l’affollamento. In particolare è
curiosa la gran calca vicino a quello che scorgo essere un patibolo,
con ben tre uomini in attesa del giudizio dei quattro inflessibili
sceriffi sotto di loro. Mi soffermo con lo sguardo verso gli uomini
in nero che si dirigono verso di noi; ma prima che possa dire
qualcosa, il più alto dei tre ha sparato al cappio di uno dei
condannati. Il tentativo di fuga di questi sporchi bifolchi ha vita
breve, infatti uno di loro è già a terra sotto i precisi colpi di
Doc mentre Carter comincia a puntare gli altri due. Io e Toro ci
dirigiamo verso la folla, l’uomo che si è ribellato al cappio
tenta di fuggire aizzando il cavallo contro la folla. Cerco di
divincolarmi meglio che posso ricordando le giornate a cavallo nella
tenuta, presto io e il malvivente siamo fuori dalla folla, di quei
momenti concitati ricordo solo il viso spaventato dei passanti
durante il breve inseguimento e infine Toro Scatenato che mi aiuta a
rialzarmi dopo la caduta da cavallo, credo di aver giudicato male
l’indiano… Mentre mi riprendo noto che Doc e Carter hanno
sbaragliato facilmente gli aggressori e stanno discutendo con gli
sceriffi. Quando mi avvicino scopro che abbiamo a che fare con i
fratelli Earp, tutori dell’ordine di queste zone, che ci
ragguagliano sulla situazione. Il tentativo di fuga che abbiamo
sventato era ad opera dei Cowboys, un gruppo di fuorilegge al soldo
di Grucius, un poco di buona che terrorizza questa zona, da molto
tempo. Wyatt Earp inoltre ci informa che la nostra permanenza a
Tombstone sarà breve, il governo ci ordina di tornare al confine, ad
Arizona City per investigare su uno strano furto di fucili. Siamo
sempre al servizio delle legge e dell’avventura, anche se il
capitano si convince a partire solo al parlare della ricompensa.
domenica 7 settembre 2014
La fine o l'inizio?
In
seguito questo è quanto ricostruii grazie ai racconti dei miei
compagni di quanto era accaduto nella miniera, unito al mio
successivo sopralluogo. Carter, Doc e Persino l’indiano hanno
dimostrato il loro valore addentrandosi nella miniera combattendo con
quelli che sembrarono a prima vista una sorta di cadaveri rianimati
scientificamente, però a poco è servito il loro tentativo di
inseguire il responsabile che a quanto pare
si trovava nella miniera
proprio in quel frangente. Pare che dietro tutto ci sia il mio
vecchio compagno di università Victor, che nella miniera utilizzava
i corpi dei minatori per una sorta di esperimento, dai suoi studi, ho
potuto ricavare solamente che la formula che utilizzava era stata
scoperta insieme ad antichi resti indiani. Antichità indiane che
raccontavano una storia quanto mai curiosa. Secoli or sono degli
esseri arrivati dalle stelle attaccarono le tribù del luogo, che
riuscirono a ricacciarli con l’aiuto di cinque valorosi capi.
Ovviamente stiamo parlando di allucinazioni dovute al fumo dei
selvaggi, ma di concreto c’è che i cinque corpi erano qui presenti
e sono proprio quelli di cui si sono appropriati i teschi.Carter e gli altri dopo aver perso le tracce del colpevole, si ricongiungono a me solo per fuggire in fretta verso la città, per cercare di capire di più sulle possibili implicazioni nella comunità stessa. Nessuno di noi vuol parlare più del dovuto di quanto accaduto e visto nella miniera la tensione palpabile viene rotta dall’arrivo di Matt che ci svela quello che potevamo già intuire. Il colonnello dell’avamposto militare ci ha fatti seguire e tenere d’occhio fin dal nostro arrivo e ora sta cercando di farsi consegnare un mandato per arrestarci, come minimo.
La nostro ultima tappa in città e presso lo sceriffo per metterlo al corrente dello stretto indispensabile e per ragguagliarlo sulla fine del povero Jacky. La situazione è tesa e subito dopo il rapporto di Carter per telegrafo, siamo tutti d’accordo per partire alla volta della vicina Tombstone, come unico indizio presente sulle carte di Victor, c’entreranno davvero i teschi? E l’inizio di un avventura o di un incubo?
domenica 31 agosto 2014
Dentro la miniera...
Vedere
la miniera da lontano mi provocava un misto di paura e sollievo,
mentre al capitano altro non faceva che procurare un aumento
dell’ira, a Doc cresceva la voglia di sparare e Toro altro non
faceva che parlare con la sua aquila come al solito. Ciò che vedemmo
fu la normale presentazione di un ingresso di uno scavo, fu quello
che non vedemmo a insospettirci, non c’era anima viva, e solo dopo
avrei compreso l’entità di queste mie affermazioni. La nostra
prima tappa fu la baracca dell’amministrazione della miniera,
disordine e sangue, ma cosa era successo? Trascinati dalla situazione
e dall’irruenza i miei compagni corsero a ispezionare il capanno
degli attrezzi e il dormitorio, senza però trovare nulla, a
differenza di me, che data la mia abilità investigativa trovai
qualcosa di ancor più particolare di quanto visto finora. Una
richiesta ufficiale al magazzino in città, per la consegna di cinque
bare, nulla di strano in realtà se non fosse per la firma, siglata
appunto con il simbolo del teschio; Carter fu il primo a trasalire e
a sussurrare “skulls and bones”. Il capitano corse fuori verso
l’ingresso decidendo per tutti che era il momento di capire cosa
stava succedendo e che le risposte erano nella miniera. Riuscivo solo
a pensare al forte odore di sangue proveniente dall’ingresso quando
Carter si avvicinò a me e disse:” Voglio che qualcuno torni vivo,
prendi il cavallo e aspetta davanti l’ingresso, se non sentirai più
nulla, corri, galoppa più che puoi, non raccontare a nessuno quello
che hai visto, e soprattutto non una parola sui teschi, d’accordo?”
o almeno questo è quello che capii, potei dire solo “si, signore”.
Mentre i miei compagni si dirigevano verso la porta, non potei che
domandarmi, se mi avesse lasciato all’ingresso, perché sarei stato
solo d’impiccio o perché ero l’unico davvero affidabile per
portare la verità di quanto era successo.
sabato 23 agosto 2014
I magnifici 4
Durante
il turno di Doc non riesco a dormire, lo vedo quasi più sveglio del
solito, sarà la mancanza d’alcool? Tocca finalmente a me, penso
che sono di nuovo pronto a dimostrare il mio valore in questa
spedizione, quando comincio distintamente a sentire rumori da dietro
un arbusto. Non voglio rischiare di non essere all’altezza della
situazione così, con tutta il rispetto e la delicatezza, sveglio il
capitano e lo metto al corrente di quanto accade; sfortunatamente si
tratta solo di un paio di coyote attirati dal tenue fuoco, il
capitano allontana loro e poi me, prima di ricoricarsi nel giaciglio.
La nottata prosegue senza troppe distrazione, a parte l’assurdo e
fastidio canto di Toro, di cui solo Doc pare trovare giovamento.
Nei
pressi della miniera d’argento, Giugno, 13, 1880.
Rinfrancati dalla notte di riposo saliamo in groppa ai cavalli decisi a scoprire cosa accade davvero nei dintorni, e grazie al mio colpo d’occhio viene a galla l’ennesima stranezza. Una serie di tracce, come di ruote, quei segni che potrebbero essere proprio delle diligenza scomparsa, decidiamo di approfondire lasciando la strada principale verso la miniera e ci ritroviamo all’interno di canyon con quello che rimane del carro che aveva lasciato i segni. E’ strano molto strano quello che troviamo, nessuna traccia visibile, nessuna stranezza un carro semidistrutto e abbandonato da tempo, solo casse vuote con la bandiera americana e nulla di più, forse l’ennesimo punto cieco? Dopo la scoperta del carro distrutto diventa obbligatorio indagare sulla pila di corpi che avevamo scoperto il giorno prima.
E’ una strage una dozzina piena di morti, messicani, e ancora le casse d’armi, il collegamento diventa semplice, contrabbando e un imboscata, questi avanzi di galera, si sono fatti la pelle a vicenda, continuo a essere stupido della stupidità di questi banditi. Cerchiamo indizi, nonostante i canti lamentosi del nostro indiano, è quello che notiamo sono bossoli infilati nella bocca delle vittime, una firma? Sono completamente d’accordo col capitano Carter quando fa notare quanto sia trafficato questo piccolo angolo di nulla.
Così completamente all’oscuro di quando accade ritorniamo sulla strada principale pronti per dirigerci alla miniera, ma nuovamente qualcosa di strano canalizza la nostra attenzione, troviamo quella che sembra essere senza ombra di dubbio la diligenza partita dalla miniera, insieme al cadavere del povero Jacky. Ecco però che questa volta notiamo indizi significanti e cioè: la diligenza trasportava qualcosa di diverso da un carico d’argento o d’oro i segni del peso lo indicano chiaramente, non ci sono segni di scorta alla carrozza e infine Jacky presenta lo stesso rituale dei messicani, ma con un una particolarità, il bossolo nella bocca è lo stesso dell’arma che l’ha colpito alle spalle. In che terribile angolo di mondo siamo finiti? E’ questa la domanda che continuammo a ripeterci mentre ci affrettavamo, nell’unico posto dove speravamo di trovare risposte.
Rinfrancati dalla notte di riposo saliamo in groppa ai cavalli decisi a scoprire cosa accade davvero nei dintorni, e grazie al mio colpo d’occhio viene a galla l’ennesima stranezza. Una serie di tracce, come di ruote, quei segni che potrebbero essere proprio delle diligenza scomparsa, decidiamo di approfondire lasciando la strada principale verso la miniera e ci ritroviamo all’interno di canyon con quello che rimane del carro che aveva lasciato i segni. E’ strano molto strano quello che troviamo, nessuna traccia visibile, nessuna stranezza un carro semidistrutto e abbandonato da tempo, solo casse vuote con la bandiera americana e nulla di più, forse l’ennesimo punto cieco? Dopo la scoperta del carro distrutto diventa obbligatorio indagare sulla pila di corpi che avevamo scoperto il giorno prima.
E’ una strage una dozzina piena di morti, messicani, e ancora le casse d’armi, il collegamento diventa semplice, contrabbando e un imboscata, questi avanzi di galera, si sono fatti la pelle a vicenda, continuo a essere stupido della stupidità di questi banditi. Cerchiamo indizi, nonostante i canti lamentosi del nostro indiano, è quello che notiamo sono bossoli infilati nella bocca delle vittime, una firma? Sono completamente d’accordo col capitano Carter quando fa notare quanto sia trafficato questo piccolo angolo di nulla.
Così completamente all’oscuro di quando accade ritorniamo sulla strada principale pronti per dirigerci alla miniera, ma nuovamente qualcosa di strano canalizza la nostra attenzione, troviamo quella che sembra essere senza ombra di dubbio la diligenza partita dalla miniera, insieme al cadavere del povero Jacky. Ecco però che questa volta notiamo indizi significanti e cioè: la diligenza trasportava qualcosa di diverso da un carico d’argento o d’oro i segni del peso lo indicano chiaramente, non ci sono segni di scorta alla carrozza e infine Jacky presenta lo stesso rituale dei messicani, ma con un una particolarità, il bossolo nella bocca è lo stesso dell’arma che l’ha colpito alle spalle. In che terribile angolo di mondo siamo finiti? E’ questa la domanda che continuammo a ripeterci mentre ci affrettavamo, nell’unico posto dove speravamo di trovare risposte.
venerdì 15 agosto 2014
Per un pugno di dollari...
Abbiamo
il sopravvissuto davanti, è visibilmente scosso; e nonostante sia
stato proprio lui ad attaccarci, stranamente dal suo viso, nonostante
la vistosa sporcizia, riesco a capire che è solo un povero
disperato, mentre i miei compagni credo facciano quasi a gara a chi
lo intimorisce di più. Ci racconta, incoraggiato da Carter, di
chiamarsi Matt, di essere, come è evidente dai suoi vestiti, un
minatore. Lui e il suo compare sono stati reclutati per seguirci,
sfortunatamente, era proprio l’altro ad avere i contatti con il
mandante, i miei compagni non si fidano cercano di estorcere
informazioni allo sventurato, ma è evidente che sta dicendo la
verità. Ci racconta che in città c’è un altro uomo potente oltre
Marlon, cioè O Connor il gestore dell’emporio ha parecchie
attività aperte con l’esercito. Ma soprattutto ci dice che la
miniera è esaurita da ormai due mesi e mezzo, giorno in cui il capo
miniera Francis li ha cacciati via, anche questo è vero; ma allora
perché Marlon ci ha raccontato di un carico che doveva partire due
giorni fa? Davvero non sapeva nulla. L’ultima cosa che aggiunge
prima di richiudersi nella paura è di una misteriosa serie di
cunicoli naturali scoperti nella miniera proprio nel suo ultimo
giorno. Carter decide che sarebbe una buona idea mandare indietro il
povero disgraziato per scoprire chi li aveva assoldati, io mi limito
a confermare che è certo che Matt non ci avrebbe mentito, cosicché
lo mandiamo indietro con dieci dollari e la minaccia di aiutarci o
fare una fine orribile.
Cavalchiamo ancora per qualche ora, finché poco prima che cominci a fare buio, l’indiano grazie alla sua vista sviluppata, riesce a notare quello che sembra il teatro di un massacro poco distante, annunciato dal gran numero di avvoltoi che gli volano intorno; il Capitano suggerisce con il suo solito tatto, che sarà meglio per noi occuparcene l’indomani dopo aver riposato. Mentre mille domande affollano il gruppo, sorseggiamo altro caffè, prima di decidere i turni di guardia, Doc, impaziente e irruente come al solito, sarà il primo, io avrò l’onore di essere secondo, poi il capitano Carter e infine il selvaggio. Vengo istruito su come condurre un turno di guardia, di come non dovrei né scrivere, né leggere, per mantenere alta la concentrazione, ma ciò che è accaduto fin ora, è troppo interessante per non essere documentato.
Cavalchiamo ancora per qualche ora, finché poco prima che cominci a fare buio, l’indiano grazie alla sua vista sviluppata, riesce a notare quello che sembra il teatro di un massacro poco distante, annunciato dal gran numero di avvoltoi che gli volano intorno; il Capitano suggerisce con il suo solito tatto, che sarà meglio per noi occuparcene l’indomani dopo aver riposato. Mentre mille domande affollano il gruppo, sorseggiamo altro caffè, prima di decidere i turni di guardia, Doc, impaziente e irruente come al solito, sarà il primo, io avrò l’onore di essere secondo, poi il capitano Carter e infine il selvaggio. Vengo istruito su come condurre un turno di guardia, di come non dovrei né scrivere, né leggere, per mantenere alta la concentrazione, ma ciò che è accaduto fin ora, è troppo interessante per non essere documentato.
mercoledì 6 agosto 2014
Quello che gli indiani pensano...
Gli
spiriti sono inquieti. Lo sento nella sabbia e nel vento e mi tocca
assecondarli, capire cosa vogliono comunicarmi. La mia aquila osserva
dall'alto nostro gruppo poco colorito. Lo sceriffo Carter Virginia
sembra uomo buono e saggio e io mi fido di lui. Anche il giovane
sputafuoco sembra buono e credo io deve prendere ad esempio lo
sceriffo. L'uomo vestito bene invece non mi piace anche se fa parte
del nostro gruppo; forse perché arriva da molto lontano, oltre
Grande Mare ad Est e non crede ai miei spiriti. Cosa sa lui di
spiriti? Lui sempre avete testa sui libri ma non sempre tutte le
risposte trovare sui libri. E come se non bastasse guai guai grossi
vicino di miniera e sceriffo Carter Virginia volere indagare. Confido
negli spiriti che ci guidano a dispetto dell'uomo elegante.
venerdì 1 agosto 2014
Il capitano John Carter
Dannati
yankees, non sono contenti di aver distrutto il mio stato, di avermi
rubato tutto: i miei soldi, le mie terre, il mio modo di vivere. Non
gli è bastato avermi fatto scappare fin quaggiù, in questo deserto
maledetto da dio e disprezzato dagli uomini. Speravo che andando
abbastanza a sud avrei potuto rifarmi una vita tranquilla e senza
troppe ingerenze da parte di quei maneggioni, ma no! Anche se ho
accettato di lavorare per loro e di far rispettare la loro legge non
è abbastanza! Mi hanno anche mandato un cucciolotto a cui
badare, uno smidollato studioso che pensa di poter dare ordini ai
miei compagni e addirittura a me, quando anche una falange del
mignolo di uno qualsiasi di noi vale dieci cuccioli arroganti come
lui. Cercherò di tenere a freno Doc, che è forse il più nervoso di
noi, almeno finché il cucciolo non capirà che questo non è il suo
mondo, qua non ci sono zii o altri parenti che ti spianano la strada,
qua si paga in prima persona: o sai comportarti come si deve o devi
aspettarti che qualcuno ti presenti prima o poi il conto. Che poi mi
abbiano mandato tra i piedi questo impiastro nel bel mezzo di un caso
rischioso mi fa ancora più imbestialire: siamo solo in tre e sembra
che dovremo vedercela con almeno una ventina di brutti ceffi. Se non
si da una regolata penso che lo useremo come esca per i nostri
avversari ...
Fortunatamente
ho con me il buon Doc e il fido Toro Scatenato: compagni che sanno
come si sta al mondo e come ci si comporta in questo angolo di nulla.
In questi anni ci siamo reciprocamente aiutati e soccorsi, con
rispetto e anche, perché no, con affetto: ciascuno con il proprio
compito e le proprie caratteristiche.
Chissà, forse anche il cucciolo potrà avere una qualche utilità: alcune delle sue osservazioni sono state interessanti. Se imparerà a non starci tra i piedi quando le cose si fanno calde, a evitare di dare ordini assurdi a sproposito e, soprattutto, a pensare di essere un padreterno perché la sua famiglia è importante forse riuscirà a tornare a casa intero e senza troppi danni. Pare che non abbia proprio capito come funzionano le cose qua al confine: le pallottole sono la cosa più a buon mercato e lo spazio per far sparire qualcuno non manca certo; vedremo come evolverà la cosa, certo che se non comincia ad avere un po' di rispetto per gli altri dovremo investire un po' di denaro in pallottole e un po' di tempo per nascondere il suo cadavere ...
Chissà, forse anche il cucciolo potrà avere una qualche utilità: alcune delle sue osservazioni sono state interessanti. Se imparerà a non starci tra i piedi quando le cose si fanno calde, a evitare di dare ordini assurdi a sproposito e, soprattutto, a pensare di essere un padreterno perché la sua famiglia è importante forse riuscirà a tornare a casa intero e senza troppi danni. Pare che non abbia proprio capito come funzionano le cose qua al confine: le pallottole sono la cosa più a buon mercato e lo spazio per far sparire qualcuno non manca certo; vedremo come evolverà la cosa, certo che se non comincia ad avere un po' di rispetto per gli altri dovremo investire un po' di denaro in pallottole e un po' di tempo per nascondere il suo cadavere ...
domenica 27 luglio 2014
Una banda di teppisti
Troviamo
il nero di prima, quasi circondato dai soldati del presidio militare,
mentre Toro Scatenato ci assicura che i cavalli sono sani e sono
stati trattati con il massimo della cura, Carter viene riconosciuto
dall’ufficiale del presidio, credo che siano riusciti a non a
mettere mano alle pistole solo per via della nostra fretta di
partire. Poco prima di andar via, dalla piazza, veniamo avvicinati
dalla segretaria di Marlon che ci ricorre per chiederci di tornare
ancora alla banca, allorché decido di accodarmi al capitano per
seguirlo e dimostrargli così di essere sempre pronto all’azione,
inaspettatamente, Carter fraintende le mie intenzioni fino mostrarmi
la pistola, la situazione sembra degenerare finché non viene
interrotta dall’arrivo di Marlon in persona. Il banchiere ci
confessa di non averci raccontato tutto, di averci nascosto, per
paura, che da un paio di giorni aspettava una diligenza con un ultimo
carico d’argento, carico mai arrivato; comincio a pensare che per
sospettare di lui non sia necessaria una laurea, infatti se ne
accorgono anche i miei compagni, che decidono di affrettare la
partenza.
Ci troviamo fuori dalla città, Toro Scatenato e Carter cercano tracce, Doc cerca altro whisky; ma in poco tempo siamo già lontani; il paesaggio è magnifico, il nulla a perdita d’occhio, le montagne sembrano abbracciarci, non capisco come mai i miei compagni non riescano a godersi il paesaggio. Poco prima di accamparci ai primi segni del tramonto, ricordo la maestosa carica di un gruppo di bufali, la mia scelta di partire è stata quanto mai saggia. Decido di preparare il caffè per tutti, umilmente, per porgere le mia scuse al fraintendimento col capitano, riesco a notare che l’indiano farfuglia strane parole e pare dormire, poco prima che riesca a fare domande, egli si riprende e ci comunica che saremmo circondati da banditi. Mi armo del mio nobile coraggio e della mia pistola, ma riesco solo a vedere Doc caricare le sue pistole, il capitano comincia per prima a fare parlare il piombo, mentre l’indiano sparisce per qualche minuto per tornare con il corpo di uno dei malfattori, credo che abbiamo vinto, e credo che la mia scelta di partire potrebbe aver avuto necessità di più riflessioni, quando noto che non sono riuscito a muovermi di un solo passo durante l’assalto.
Ci troviamo fuori dalla città, Toro Scatenato e Carter cercano tracce, Doc cerca altro whisky; ma in poco tempo siamo già lontani; il paesaggio è magnifico, il nulla a perdita d’occhio, le montagne sembrano abbracciarci, non capisco come mai i miei compagni non riescano a godersi il paesaggio. Poco prima di accamparci ai primi segni del tramonto, ricordo la maestosa carica di un gruppo di bufali, la mia scelta di partire è stata quanto mai saggia. Decido di preparare il caffè per tutti, umilmente, per porgere le mia scuse al fraintendimento col capitano, riesco a notare che l’indiano farfuglia strane parole e pare dormire, poco prima che riesca a fare domande, egli si riprende e ci comunica che saremmo circondati da banditi. Mi armo del mio nobile coraggio e della mia pistola, ma riesco solo a vedere Doc caricare le sue pistole, il capitano comincia per prima a fare parlare il piombo, mentre l’indiano sparisce per qualche minuto per tornare con il corpo di uno dei malfattori, credo che abbiamo vinto, e credo che la mia scelta di partire potrebbe aver avuto necessità di più riflessioni, quando noto che non sono riuscito a muovermi di un solo passo durante l’assalto.
mercoledì 23 luglio 2014
Puzza di bruciato
Lo
sceriffo Banner si presenta come rozzo uomo di legge, quale è
evidentemente essere, accanto a lui, uno suoi vice, Kurt. Banner ci
invita nella sua baracca, lì grazie alla confidenza che sembra
esserci col capitano Carter, acquisiamo molte informazioni utili, che
spiccano tra l’ovvia disastrosa situazione economica della città.
A catturare la mia attenzione è il nome del sindaco nonché
proprietario della banca e della miniera, il signor Marlon, nome che
credo di aver già sentito anche se non ricordo dove, dovrò
approfondire, secondario per me è invece la sparizione dell’altro
vice dello sceriffo, Jacky.
Dopo aver salutato con pochi convenevoli, riesco a far valere la mia opinione indicando come prossima tappa, la banca di Marlon. Definire banca quel piccolo edificio è un insulto alle vere banche della grande città, ma se così deve essere… La segretaria di Marlon da dietro lo sportello rimane un po’ stupita dal nostro arrivo, e con la sua solita “cordialità” il capitano Carter le intima di annunciarci a Marlon. Noto subito che Marlon può definirsi aristocratico, solo in quanto arricchito, spiacevole, ma comunque notevole. Ci racconta, molto, forse troppo, che è praticamente proprietario di tutta la città, che la miniera è veramente esaurita, ma che non ha informazioni dai suoi impiegati da giorni, e inoltra si lamenta degli aiuti statali, in particolar modo dello zio, molto spiacevole, sarò costretto a riferire. Ci congediamo dopo che mi sono premunito di raccogliere un’autorizzazione dal signor Marlon per entrare in miniera ed eliminare le probabili seccature a venire. A differenza di quanto annunciato al signor Marlon, Carter sostiene che sarebbe meglio partire subito, per sviare i sospetti, dice, quindi ci dirigiamo dal maniscalco per i cavalli.
sabato 19 luglio 2014
In città
Arriviamo
finalmente, nelle prime ore della mattinata in quella che i locali
definiscono città, è un luogo scarno e spoglio, come in tutti i
“villaggi” di questa zona l’unico edificio davvero imponente è
la casa del piacere, tutti i uguali i popolani. Mentre ci avviciniamo
alla piazza, un nero ci sia avvicina con fare convinto, si dichiara
il maniscalco della città, i miei compagni decidono di fidarsi di
lui a istinto, io decido di farlo perché i lineamenti del suo volto
mi raccontano una storia, è un uomo semplice, ma anche affidabile;
decidiamo così di lasciargli i nostri cavalli da accudire. Sotto mio
cauto consiglio ci dirigiamo al saloon per trovare un luogo ove poter
riassettare il materiale, anche se le priorità dei miei compagni
sono ben diverse; per esempio Doc, sostiene di aver una gran sete,
come se non bevesse da ore, eppure mentre lo dice sta appena finendo
di sorseggiare il suo ultimo goccio dalla fiaschetta. Il capitano
Carter sostiene che fra le nostre priorità dovrebbe esserci il
bagno, lodevole, ma i libri dovrebbero essere più importanti;
curioso il fatto che veniamo avvicinati da uno sporco, letteralmente,
ubriacone, mentre contrattavamo col barista per le camere.
L’uomo, che scopriamo chiamarsi Joseph, attira i pensieri del capitano Carter, citando la miniera nei suoi vaneggiamenti. La miniera d’argento ha fatto per qualche tempo la fortuna della città, attirando lavoratori e donando un minimo di benessere ai suoi abitanti, ma da tempo il filone si è esaurito, lasciando la Rose Town nella povertà e nello sconforto, ma ora tra le parole senza senso e i racconti sconclusionati di Joseph, si parla di miniera e nuovo filone d’oro. Joseph è un povero disgraziato, non ho nemmeno perso tempo a esaminarlo, ma Carter sostiene che pagargli da bere per farlo vaneggiare possa essere utile, almeno finché non diventa del tutto incomprensibile.
L’uomo, che scopriamo chiamarsi Joseph, attira i pensieri del capitano Carter, citando la miniera nei suoi vaneggiamenti. La miniera d’argento ha fatto per qualche tempo la fortuna della città, attirando lavoratori e donando un minimo di benessere ai suoi abitanti, ma da tempo il filone si è esaurito, lasciando la Rose Town nella povertà e nello sconforto, ma ora tra le parole senza senso e i racconti sconclusionati di Joseph, si parla di miniera e nuovo filone d’oro. Joseph è un povero disgraziato, non ho nemmeno perso tempo a esaminarlo, ma Carter sostiene che pagargli da bere per farlo vaneggiare possa essere utile, almeno finché non diventa del tutto incomprensibile.
Mentre
ci allontaniamo verso il bagno, la giovane cantante sul palco, ci
nota e ovviamente ricambia in particolar modo il mio sorriso,
sicuramente ha buon gusto. Dopo aver dovuto far portare attenzione ai
libri durante il bagno, il capitano decide che non abbiamo diritto né
a riposo né a sistemazione, così ci dirigiamo alla piazza per
decidere il da farsi. Veniamo quasi colti con sorpresa, quando sono
le novità a venire da noi, incontriamo così la legge, in questa
città, che si presenta a nome di sceriffo Banner e il suo vice
Woody.
Lungo le vie del West
Nei pressi di Rose Town, Giugno, 12, 1880.
Ormai sono sempre più convinto, che aver finalmente varcato la soglia della magione familiare in cerca dell’avventura sia stata un’ottima scelta. Il mio saggio padre non n’è ancora convito a giudicare dalle lettere che riescono a giungermi, ma da quando lo zio, da noi in visita in Europa, mi ha proposto di aggregarmi alla spedizione del capitano John Carter, finalmente sento di affrontare una sfida adatta alle mie capacità.
Dalla partenza da Dallas, è passato più di un mese, e ho potuto approfondire la conoscenza dei miei compagni di viaggio, un gruppo pittoresco senza di dubbio, chissà se troveremo l’avventura o solo guai. Il giovane Doc Holiday per esempio, è un volenteroso, ma sembra sempre più interessato ai piaceri dell’alcool a dispetto dell’azione. L’indiano, invece di cui non ricordo a stento il nome, credo Toro in corsa, Toro Scatenato qualcosa del genere, ha un fisico possente, ma credo sia normale per una razza selvaggia come la sua; i suoi canti alla luna hanno qualcosa di quanto assurdo quanto primitivo, devo trovare il tempo per studiarlo. Il capitano Carter è stata una sorpresa, lo credevo un valoroso cavaliere, come quelli di cui si favoleggia nei nostri salotti europei, invece è un uomo rude e pratico, tutt’ora nutro dei dubbi sull’approccio per portargli rispetto ma allo stesso tempo per far valere il mio rango.
Dalle informazioni preliminari per la stesura del mio libro sulle variopinte personalità di questo “selvaggio west”, ho estratto alcuni rapporti che potrebbero esserci utili. Rose Town è una cittadina che ha contato fino a duecento abitanti, ora si ritrova con poco più di ottanta anime che vivono lì; la miniera di argento, fulcro dell’economia cittadina è in esaurimento, o almeno queste sono le voci. La città è inoltre infestata da due bande di rivali di fuorilegge che si contendono ovviamente il territorio, dato che non è visibile o intuibile alcunché tipo di ricchezza. Gli scuoiatori, così si fanno chiamare i disgraziati al seguito di Jack Thompson; uomo curioso, si vocifera abbia una predilezione per i coltelli, sono tanto intenzionato a interrogarlo, quanto il capitano Carter a incassarne la taglia che ammonta alla significativa somma di cinquecento dollari da vivo e cento da morto. La mia più grande curiosità invece è dovuta al signor Peter Mayer, soprannominato da alcuni “Pete, la Iena”, personaggio atipico, a partire dal fatto che il governo lo desidera vivo a tutti i costi data l’impressionante cifra di millecinquecento dollari che ha fatto brillare gli occhi della maggior parte dei miei compagni; inoltre egli è il leader dei terribili Hamilton, chissà se incroceremo le loro strade.
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